lunedì 3 marzo 2014

LINEE DI RICERCA 2014: B.I.G.+ DMAA


B.I.G. Bjarke Ingels Group:

I B.I.G. (acronimo di Bjarke Ingels Group) sono un collettivo di architetti, designer, costruttori e teorici riuniti intorno alla figura di Bjarke Ingels, giovane architetto danese, cresciuto professionalmente, dal 1998 al 2001, nella sede di Rotterdam dello studio OMA (Office of Metropolitan Architecture) di Rem Koolhaas.
Il team inaugura la sua prima sede a Copenhagen nel 2006, nel 2009 il fondatore del gruppo insieme ad altri due desiners scandinavi da vita allo studio di design KiBiSi nato dalla crasi delle rispettive tre compagnie: Kilo Design (Ki), BIG architects (Bi) and Skibsted Ideation (Si).
Dall’inizio del 2010, poi, il gruppo B.I.G. apre un’ulteriore sede a New York.
Conosciuto per i suoi programmi innovativi ed ambiziosi, molti dei suoi edifici superano le usuali convenzioni tipiche della progettazione contemporanea per affrontare i temi in modo assolutamente personale coprendo un ampio spettro di scelte formali, dal fiocco di neve alla catena montuosa. Nelle sue operazioni lo studio opta, generalmente, per interventi a grande scala ritenendo tale scelta come la più idonea per risolvere le problematiche tipiche legate allo sviluppo urbano delle metropoli mondiali (sprawl urbano, crisi ecologica, rivitalizzazione dei tessuti esistenti e di quelli di nuova progettazione, esclusione sociale).
Il team nel suo processo creativo fonde i principi dello sviluppo sostenibile con approcci ed idee derivati dalla sociologia e dalla psicologia urbana, strutturando tale sistema in una griglia procedurale in cui la componente informatica segue una logica step by step in cui l’obiettivo è ricercare la migliore soluzione ai problemi o vincoli derivanti dalle logiche insediative della commessa stessa.
Tra i lavori realizzati più noti del gruppo: la risistemazione di alcune zone del porto di Copenhagen, tre progetti di housing per il quartiere Ørestad nella periferia sud della capitale danese, il padiglione Danese per l’Expo di Shangai del 2010 e il “Danish Maritime Museum” a Helsingør (Dk) del 2013.

La filosofia del gruppo

Nel 2009 the “Architectural Review” ha scritto che Ingels insieme al suo gruppo “has abandoned 20th-century Danish modernism to explore the more fertile world of bigness and baroque eccentricity”. Le idee del team sono una sorta di ibrido tra l’impostazione di Rem Koolhaas, in cui la scarsa grazia del grande edificio è trasformata in bellezza e in landscape urbano attraverso l’uso della curvatura e della piega, e l’approccio alle idee di paesaggio, democrazia e assonanza-metafora tipico invece dei designers nord-europei, forse il più influente di tutti, lo studio Snohetta di Oslo.
Anche se a volte la retorica di B.I.G. può risultare chiassosa, ironica e certamente poco ortodossa l’ossatura teorica è chiara e densa di temi invece molto seri che vanno dall’allarme per il surriscaldamento globale, agli intrinseci aspetti della vita delle comunità urbane, a quella che loro stessi definiscono l’architettura nell’età post-petrolifera fino alla rivitalizzazione delle città.
Molti dei progetti di BIG hanno tratti che ricordano i lavori di Escher, con le sue impossibili prospettive e i suoi paradossi geometrici, sembrano godere della medesima fascinazione della striscia di Moebius, riescono così a instillare nei loro lavori un elemento di improbabilità e indeterminatezza spiazzante. Da ciò deriva l’impossibilità di gestire il processo progettuale, dall’ideazione fino alla realizzazione e messa a regime dell’edificio, in assenza di un ambiente virtuale in cui sperimentare l’oggetto architettonico in tutte le sue declinazioni: dagli aspetti strutturali, a quelli della modellazione vera e propria fino alla valutazione delle performances fisiche e sociali dell’edificio e delle sue ricadute sulla comunità.
Alcuni critici[1] hanno sottolineato come l’approccio di Ingels tocchi la sensibilità contemporanea attraverso un tipo di attitudine meta-moderna, sembra oscillare cioè tra posizioni moderniste e post-moderniste: ingenuità e impossibilità conoscitiva, idealismo e pratica architettonica. Tutto ciò trova espressione nella definizione che l’architetto dà al suo approccio alla progettazione come “pragmatismo utopistico” “…l’architettura sembra oggi schierarsi su due fronti ugualmente sterili: l’uno ingenuamente utopistico, l’altro rigidamente pragmatico. Anziché scegliere tra l’uno e l’altro, BIG opera nella fertile intersezione tra i due, un architettura pragmatico-utopistica che ha per obiettivo la creazione di luoghi perfetti dal punto di vista sociale, economico e ambientale”.

Mountain Dwellings, Ørestad Copenhagen (DK):

Oggi, secondo il parere dell’architetto,in Scandinavia domina ancora il funzionalismo: ad attività diverse cioè corrispondono necessità dissimili, separate perciò in strutture realizzate su misura. È proprio questa loro diversità invece ad aprire la possibilità verso una sorta di simbiosi architettonica, in cui ciascuna struttura gravita intorno alla sua collocazione ideale.
Quando venne proposto allo studio di presentare un progetto per il sito di Ørestad che comprendesse un condominio di circa 10000 m2 accanto ad un parcheggio di 20000 m2 anziché erigere un parcheggio accanto ad un blocco residenziale lo studio trasformò la rimessa automobilistica in un podio per le abitazioni. La zona residenziale del progetto venne così trasformata in una “montagna di case a schiera” con  i parcheggi ricavati nella pancia dell’edificio. Il parcheggio sale verso l’alto in un sinuoso zig-zag da sud a nord e le abitazioni si spalmano sopra in uno strato uniforme. Così gli appartamenti sono trasformati in case con un ampio giardino e una bella vista.
Perché l’areazione del parcheggio fosse il più naturale possibile la facciata è stata trattata con un motivo traforato (6 dimensioni diverse di fori) che lascia circolare l’aria ma che riesce ad isolare gli ambienti interni da pioggia e neve, componendo così un motivo organico dall’interno e che dall’esterno riproduce un’immagine nitida dell’Himalaya.


DMAA Delugan & Meissl Associated Architects

Delugan Meissl Associated Architects è un studio austriaco di architettura con sede a Vienna. Fondato nel 1993 dai coniugi Elke Delugan-Meissl e Roman Delugan è diventato nel 2004 DMAA quando si sono aggiunti gli altri due soci Dietmar Feistel e Martin Josst.
Gli ultimi quindici anni di attività sono contraddistinti dalla grande profusione di progetti realizzati, i più noti sono probabilmente: l’ampiamente pubblicizzata Casa Ray1 del 2003 a Vienna, il nuovo Museo Porsche di Stuttgart-Zuffenhausen del 2005 e l'attuale edificio -EYE- per il museo del cinema di Amsterdam.












La filosofia: "Aesthetics is nothing more than the art of applied psychology", F. Nietzsche

L’architettura dei DMAA è qualcosa che si avvicina moltissimo ad una forma di linguaggio, in  cui il significato è generato, come in un algoritmo, dal tipo di relazione che si instaura tra le singoli parti. A differenza però di altre metodologie progettuali lo studio viennese non riduce questo principio ad uno sterile esercizio ermetico tutto rivolto al formalismo finale, ma piuttosto ad un prolifico gioco delle parti dove l’obiettivo è raggiungere il maggior numero di relazioni polivalenti tra architettura dell’edificio e ambiente circostante, con un occhio di riguardo verso il contesto dell’edificio e la presenza fisica nello spazio dei suoi fruitori.

I loro rigorosi processi di progettazione sono guidati dalla necessità di individuare in prima istanza come i futuri utenti possono percepire lo spazio architettonico, così le connessioni sia interne che con il tessuto esistente diventano il core del loro processo creativo trasformando i loro edifici quasi in organismi ancestrali e come parti integranti di un sistema globale. 
In un ottica del genere il rapporto che si genera tra interno ed esterno diventa fondamentale per convalidare la loro impostazione: gli ambienti assumono una dimensione fluida, liquida che ripudia il consueto ordine delle camere tradizionali, trasformandosi in una sequenza spaziale funzionalmente definita. I volumi, grandi masse materiche, affrontano direttamente l’osservatore attraverso la loro scala imponente e il modo con cui reagiscono alla gravità e alla geometria classica sembra la risposta dei progettisti a quella necessità di inespressibilità che forse li investe.

Tra gli obiettivi dello studio viennese c’è la volontà di rimettere in discussione le nozioni dell'urbanistica classica che prevedevano composizioni assiali o una sovrapposizione di elementi nella città. Oggi a parer loro si può cominciare a lavorare su nuove basi. La città, nella loro ottica, è una realtà estremamente dinamica, fatta di flussi, di movimento, e anche se l'architettura è fondamentalmente statica la metropoli è un coacervo di vita, così si può cominciare a immaginarla, a lavorare al suo disegno con tutto ciò che essa ha di dinamico. Oggi è possibile riprodurre questi flussi, questi movimenti e tali simulazioni potranno probabilmente contribuire all'immaginario degli architetti nel loro rapporto con la dimensione urbana, nella sua gestione e nella correlazione fra i diversi obiettivi che di volta in volta si pongono. (A tal proposito lo studio ha sviluppato un nuovo software -Inspace- attraverso il quale è possibile avere un’esperienza stereoscopica dell’oggetto architettonico in un ambiente virtuale).
Indipendentemente dalle dimensioni dell’intervento o dalla sua funzione, il lavoro di Delugan-Meissl è costantemente guidato da questo impalcato teorico e da tali principi di design.
Lo studio DMAA è impegnato a sviluppare quello che i soci definiscono “principio di intensificazione”; delle metodologie, cioè, attraverso le quali è possibile spazializzare e rendere fisicamente tangibile la dimensione psicologica dell’architettura. La loro indagine si fonda quindi sulla ricerca nell’architettura contemporanea di una alternativa alla consueta “forma rappresentativa” (representational form) orientata principalmente al visivo e ad un’eventuale interpretazione del suo significato, introducendo quella che chiamano invece “forma attuale” (actual form) generata invece dagli effetti fisiologici che produce nei sensi e nel corpo dell’utente finale.

[1] "Bjarke Ingels Group". Metamodernism. 14 January 2011. Retrieved 14 October 2012